Giubileo 2025

Giubileo 2025, In primo piano, La Parola del Vescovo, Vita Diocesana

“Comunicatori di una parola che faccia emergere amore alla vita”

“Come giornalisti, in generale, e come giornalisti cattolici in particolare, non dobbiamo mai perdere un elemento identitario, costitutivo, della nostra visione di fede: il primato della parola. Della parola, non delle chiacchiere. È  la parola significativa che dà al lettore la chiave interpretativa e la possibilità di riflettere.  É vero, oggi viviamo nella cultura dell’immagine, ma cos’ è che rende una foto “anonima” una foto utile che lancia un messaggio ? E’ la parola che ci fa leggere la realtà, che immette un elemento di riflessione” Così il vescovo di Lamezia Terme e delegato Cec per le comunicazioni sociali e la cultura, mons. Serafino Parisi, ha concluso il focus su salute, disabilità e comunicazione, nell’ambito dell’ evento “Curare comunicare”, giubileo diocesano per gli operatori delle comunicazioni sociali, della salute e catechisti, promosso congiuntamente dai tre uffici diocesani in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Calabria e la delegazione calabrese della Fisc. “In tutte  le forme di comunicazione – ha osservato Parisi passando in rassegna le principali dinamiche che hanno cambiate il mondo della comunicazione negli ultimi decenni – da quella tra l’ammalato e il medico, tra un catechista e un ragazzo con disabilità, nell’informazione giornalistica, non dobbiamo mai perdere di vista la potenza espressiva della parola che, anche dentro la fragilità e attraverso la fragilità, fa emergere amore alla vita, la provocazione a continuare a vivere. Sono proprio le parole più fragili e quelle che vengono dal mondo della fragilità ad essere le parole più potenti. Siamo chiamati ad essere comunicatori di una parola che richiama alla voglia di vivere, di una parola – oserei dire – di resurrezione”. “Ogni giornalista, non solo il giornalista credente, dovrebbe intingere nel cuore la penna prima di scrivere qualsiasi cosa”, ha evidenziato il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri sottolineando come “la nostra carta deontologica è in linea con la visione cristiana, a prescindere se il giornalista sia credente o meno. Il dovere di informare non può mai tollerare l’offesa degli altri o il mancato rispetto della dignità altrui. Alla rincorsa spasmodica a chi arriva prima e al “click in più”, anche a costo di raccontare sciocchezze, il giornalista risponde con gli strumenti dell’etica e della professionalità. Intingere la penna nel cuore significa saper cogliere, anche nelle situazioni più negative, quella scintilla positiva che fa capire che non è tutto nero”. Per il delegato FISC Calabria don Enzo Gabrielli, “il giornalista cattolico non è “meno giornalista” degli altri, anzi deve fare uno sforzo in più per raccontare la realtà da un punto di vista cristiano senza fare discorsi, per così dire, “da sacrestia”.  Dobbiamo parlare non solo a chi è credente praticante, ma anche a chi sta sulla soglia della Chiesa. Nonostante il numero delle presenze in chiesa a volte può farci scoraggiare, in Italia c’è ancora grande attenzione per ciò che racconta la Chiesa e per come lo racconta. Come giornali cattolici calabresi, siamo presenti negli organi nazionali della FISC portando il valore aggiunto che viene dalla nostra calabresità”. Introducendo l’incontro, il direttore dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali Saveria Maria Gigliotti ha sottolineato la scelta di vivere in comunione con gli altri due uffici l’evento giubilare perché “è proprio quando siamo chiamati a raccontare la malattia, la fragilità e la disabilità che come giornalisti siamo chiamati a misurarci con la sfida di una comunicazione che rispetti la persona e la sua dignità”. Rispetto della persona e della sua dignità richiamato anche dal direttore dell’ufficio di pastorale per la salute don Francesco Farina,  che ha parlato del “tempo della comunicazione come tempo di cura” e della relazione personale come elemento centrale dell’alleanza di cura tra medico e paziente. Ha sottolineato l’attenzione per la pastorale delle persone con disabilità il direttore dell’ufficio catechistico don Antonio Brando, che ha ricordato la partecipazione della diocesi lametina agli incontri di formazione  regionali con 71 catechisti, tra le più numerose tra le diocesi calabresi. “Noi catechisti – ha rimarcato Brando – dobbiamo creare un ponte tra la comunità ecclesiale e la famiglia, promuovendo un dialogo aperto e un cammino condiviso. Coinvolgere i genitori e i familiari significa riconoscere a loro, il ruolo centrale nell’accompagnare la crescita nella fede dei loro figli”. Salvatore D’Elia   The post “Comunicatori di una parola che faccia emergere amore alla vita” first appeared on Lamezia Nuova.

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Giubileo diocesano per gli operatori della comunicazione, salute e catechisti al Santuario di Dipodi

Con l’evento “Curare comunicare”, in programma venerdì 21 marzo a partire dalle 15 al santuario diocesano della Madonna di Dipodi, gli uffici per le comunicazioni sociali, pastorale della salute e catechistico della diocesi di Lamezia Terme promuovono un evento giubilare per gli operatori delle comunicazioni sociali, della salute e i catechisti della chiesa lametina. L’iniziativa è organizzata in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Calabria e la delegazione calabrese della Fisc. Il programma avrà inizio alle 15 con un focus su salute, disabilità e comunicazione che sarà introdotto dai saluti di mons. Serafino Parisi delegato della Conferenza Episcopale Calabra per le comunicazioni sociali e la cultura, il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri, il delegato Fisc Calabria don Enzo Gabrieli. Seguiranno gli interventi dei rappresentanti dei tre uffici diocesani promotori. Alle 17 la liturgia penitenziale presieduta da padre Rocco Spagnolo, superiore generale dei missionari dell’evangelizzazione. A conclusione dell’evento, il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi presiederà la celebrazione eucaristica. Nel messaggio per la LIX giornata mondiale delle comunicazioni sociali, nel contesto dell’anno giubilare, Papa Francesco ha esortato gli operatori della comunicazione a “cercare di praticare una comunicazione che sappia risanare le ferite della nostra umanità” dando “spazio alla fiducia del cuore che, come un fiore esile ma resistente, non soccombe alle intemperie della vita ma sboccia e cresce nei luoghi più impensati: nella speranza delle madri che ogni giorno pregano per rivedere i propri figli tornare dalle trincee di un conflitto; nella speranza dei padri che migrano tra mille rischi e peripezie in cerca di un futuro migliore; nella speranza dei bambini che riescono a giocare, sorridere e credere nella vita anche fra le macerie delle guerre e nelle strade povere delle favelas.” Da qui l’invito del Pontefice a “essere testimoni e promotori di una comunicazione non ostile, che diffonda una cultura della cura, costruisca ponti e penetri nei muri visibili e invisibili del nostro tempo”. Salvatore D’Elia   The post Giubileo diocesano per gli operatori della comunicazione, salute e catechisti al Santuario di Dipodi first appeared on Lamezia Nuova.

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“La grandezza dell’uomo si vede quando riesce ad asciugare le lacrime degli altri”

“Il dolore e la sofferenza che toccano alcuni di noi, che toccano le persone più fragili, anziché metterli da parte, li espongono all’adorazione del mondo intero, come un grande ostensorio attraverso il  quale si rivela tutta la fragilità dell’umanità. A volte siamo noi che facciamo finta di non vedere la sofferenza, la malattia e il dolore. Siamo noi che, a volte, ci mostriamo indifferenti nei confronti di coloro che hanno bisogno, che sono dipendenti dalle nostre attenzioni, dal nostro servizio, dalle nostre cure. Il Signore li ama in un modo speciale. Senza trascurare coloro che stanno bene, il Signore guarda con una passione molto particolare coloro che hanno più bisogno di attenzione, di tenerezza e di cura.” Così il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi che, nella XXXIII giornata mondiale del malato, ha celebrato l’Eucaristia in Cattedrale alla presenza degli ammalati accompagnati dai volontari Unitalsi e da rappresentanti di diverse associazioni. La celebrazione è stata tradotta nel linguaggio dei segni a cura della sezione lametina dell’Ente Nazionale Sordi, presenti alla funzione. “Noi veniamo, dentro il mondo e dentro la storia, dall’amore appassionato di Dio per l’uomo e tutto il nostro cammino sulla terra deve riportarci dentro il cuore innamorato di Dio – ha proseguito il vescovo Parisi – Ma dentro questo mistero dell’amore di Dio ci sono realtà dure da accettare: il peccato, il dolore, la morte. Il Signore non ci abbandona e ci dà la possibilità, da peccatori, di sentirci amati, di riprendere il nostro rapporto con Lui e con i fratelli. Anche la morte, realtà che ci accomuna tutti,  il Signore l’ha colmata di un grande significato: il desiderio di vivere bene, di vivere una vita significativa. Per chi è nella malattia, la possibilità di offrire le proprie sofferenze per il bene di tutti. Per chi sta bene, il senso della vita è quello di curare, nella carne stessa di chi soffre, la carne del Figlio di Dio”. “Entriamo alla scuola dell’amore di Dio affinché, qualora dovesse verificarsi la sofferenza, la malattia, la morte, il senso della nostra vita si troverà sempre nell’amore di Dio e nell’amore che riusciamo a dare ai fratelli nel servizio, nella disponibilità e nel prendersi cura degli altri – ha concluso Parisi –  Incoraggio, dunque, voi che vi prendete cura dei fratelli più fragili, a continuare a svolgere questo servizio. La grandezza dell’uomo non si vede quando mostra i muscoli, ma quando, magari con gli occhi pieni di lacrime, riesce ad asciugare le lacrime degli altri.” Al termine della celebrazione, il vescovo Parisi ha somministrato l’unzione degli infermi alle persone ammalate presenti. Salvatore D’Elia The post “La grandezza dell’uomo si vede quando riesce ad asciugare le lacrime degli altri” first appeared on Lamezia Nuova.

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“Noi consacrati chiamati ad essere segno di contraddizione”

“L’espressione che deve contraddistinguere il servizio che tutti noi consacrati siamo chiamati a rendere alla storia e al mondo, è quella che l’evangelista Luca mette sulle labbra del vegliardo Simeone: essere segno di contraddizione. È questo il segno distintivo di tutti noi cristiani nella storia, a maggior ragione delle religiose e dei religiosi. A noi, come a Simeone, è posto il Cristo Signore nelle mani. A noi viene consegnato il Signore Gesù perché possa essere indicato al mondo e alla storia come quel segno di contraddizione che porta luce nella storia dell’umanità. O entriamo nella consapevolezza che Cristo è nelle nostre mani, come in quelle di Simeone, oppure, nella migliore delle ipotesi, dobbiamo rassegnarci a un mondo che aspetta ancora quel Signore Gesù che noi non riusciamo a mostrare.” Così il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi che, nel giorno della Presentazione del Signore e giornata della vita consacrata, ha presieduto l’Eucaristia in Cattedrale con le religiose e i religiosi della diocesi. Quel “segno di contraddizione”, che Simeone indica nel Bambino di Betlemme venuto per la caduta e la resurrezione di molti in Israele,  è “l’elemento distintivo che riesce a comunicare pienamente il Cristo dentro l’umanità. Questo è il senso della nostra consacrazione. Certamente ci sono i nostri limiti, ma proprio le nostre fragilità sono lì a ricordarci, come afferma San Paolo, che abbiamo un tesoro in vasi di creta. A volte si manifesta, invece, una sorta di capovolgimento del senso della missione e  del servizio che siamo chiamati a rendere al Signore: questo avviene quando quel “segno di contraddizione” diviene semplicemente l’occasione per fare della nostra vita da consacrati una sorta palcoscenico dove, anziché portare i credenti a Gesù Cristo, portiamo invece gli altri ad esaltare noi stessi. E sono sempre i più piccoli a pagarne le conseguenze.  Facciamo nostro questo interrogativo, che non è assolutamente banale: ma io mi sto servendo del Signore per i miei progetti oppure il Signore è il riferimento della mia vita e il Signore è il riferimento di coloro che, attraverso di me, indegno, devono fare esperienza di Lui?  Ecco che l’espressione “essere segno di contraddizione” non può che diventare il piano programmatico della nostra esistenza, da fedeli cristiani prima e poi da consacrati al Signore Crocifisso e Risorto.” Il vescovo Parisi richiama due parole che rappresentano il cuore del servizio e della missione dei consacrati: onore e grazia. “Alla nostra indegnità è dato l’onore di essere chiamati, la possibilità di fare cose per noi altrimenti  impensabili – ha affermato il presule – Un onore che deve essere necessariamente mitigato dalla consapevolezza che tutto è grazia, che non è per i nostri meriti, non è per la nostra bravura, non è per le parole che diciamo e che magari vorrebbero catturare dentro una rete asfittica la vita delle persone magari in momenti di difficoltà. La grazia è gratuita perché il Signore muove il primo passo verso di noi, non viene per i nostri meriti ma per la sua misericordia e il suo amore. Noi siamo chiamati ad essere segno di contraddizione perché la comunità possa prendere in mano non noi per alzarci fino al cielo ma noi possiamo prendere tra le mani Cristo come Simeone, riconoscerlo, presentarlo al Padre e donarlo alla comunità”. Il mio augurio – ha concluso Parisi – “a me stesso, alle religiose e ai religiosi che operano nella nostra diocesi, è quello di poter dire insieme a Simeone: ho atteso questa Bellezza, l’ho attesa e ora la contemplo tra le mani. Il senso della mia vita è totalmente compiuto. Il Cristo rimane la Luce e io posso anche spegnermi. Chiedo per noi al Signore di poter far risplendere,  anche nelle nostre contraddizioni, colmate dalla misericordia di Dio, la Luce che è e rimane per sempre solo Gesù Cristo”. Dal vescovo Parisi, parole di gratitudine per il servizio svolto dalle religiose e religiosi in diocesi e l’invito a pregare per le vocazioni. Salvatore D’Elia The post “Noi consacrati chiamati ad essere segno di contraddizione” first appeared on Lamezia Nuova.

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Domenica della Parola, lectio divina del vescovo Parisi con il movimento “Vivere in”

Anche quest’ anno, in occasione della celebrazione della Domenica della Parola, istituita da Papa Francesco nel settembre del 2019 attraverso la Lettera Apostolica “Aperuit Illis” il movimento di spiritualità Vivere In, in collaborazione con la diocesi di Lamezia Terme e con la parrocchia S. Maria Immacolata in Accaria, ha organizzato nei giorni scorso, presso il santuario  S. Giovanni Paolo II in Cardolo, un secondo momento comunitario, di approfondimento e di riflessione per vivere, alla luce del passo proposto,  una vera esperienza di paternità. Papa Francesco, nell’istituire la domenica della Parola, ha consegnato al popolo di Dio uno strumento essenziale ed estremante vitale, considerando la conoscenza delle Sacre Scritture premessa irrinunciabile nel cammino di fede di ciascuno, per riuscire ad essere così fedeli annunciatori del Vangelo. Partendo dalla declamazione del salmo 119  “Spero sulla tua Parola”, ha fatto seguito la lectio divina di forte impatto comunicativo tenuta dal nostro vescovo mons. Serafino Parisi. Un’ esegesi rigorosa, quella proposta dal presule, dalla quale ha fatto emergere gli elementi più significativi di verità inseriti nella storia della salvezza e che continuando ad essere celati fra le righe della vita di uomini e donne di ogni tempo, attendono d’essere colti, continuamente rinnovati, per far giungere alla comprensione della volontà di Dio, l’unica che conduce alla vita piena ed alla gioia. Promuovere il pensiero critico e la riflessione all’interno della comunità diocesana, così come portato avanti dal nostro pastore e vescovo, sicuramente permetterà a tutti noi di giungere ad una fede più matura e consapevole, fornendo alla Chiesa tutta, una sicura base per saper affrontare questo nuovo millennio con rinnovata e sempre nuova speranza. Maria Rita Di Cello, responsabile “Vivere in” Lamezia Terme The post Domenica della Parola, lectio divina del vescovo Parisi con il movimento “Vivere in” first appeared on Lamezia Nuova.

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Rompiamo le catene delle nostre schiavitù e aiutiamo gli altri a rompere le loro catene

Un Anno Santo che, per la Chiesa di Lamezia, sia segnato da “una conversione totale e vera, affinché si possa compiere un esodo dal nostro io, uscire dai nostri individualismi per convertirci ad un’azione comunitaria. La gente se lo aspetta. C’è bisogno della conversione di tutti, di tutti noi come sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose e di riflesso per le nostre comunità parrocchiali. Il Signore possa concedere a ognuno di noi, in particolare in questo Anno Santo, la forza di essere costruttori di umanità nuova lavorando insieme a questo obiettivo, ognuno dalla propria parte e con le dovute distinzioni. Lavoriamo insieme a questo progetto perché l’umanità possa mostrarsi nella sua bellezza autentica, originaria”. Così il vescovo di Lamezia Terme mons. Serafino Parisi che in Cattedrale, alla presenza dei fedeli giunti da tutte le comunità parrocchiali della diocesi lametina, ha aperto l’Anno Giubilare nella chiesa di Lamezia Terme. Ricordando le radici bibliche dell’Anno Giubilare come “tempo di liberazione e affrancamento da ogni forma di condizionamento e schiavitù”,  il vescovo di Lamezia ha sottolineato la dimensione della libertà come “timbro della permanenza di Dio nella storia di ogni uomo e come sigillo della sua costante assistenza all’umanità. Insieme alla vita, Dio ha donato all’uomo la libertà che è principio di rinnovamento, che dev’essere sempre riconquistata”. Il Giubileo, dunque, è “un Anno di grazia in cui siamo chiamati a spezzare tutte le catene che ci incatenano a noi stessi o a quegli schemi mentali che apparentemente ci tranquillizzano e che invece devono essere rotti per entrare in un cammino di conversione, in un vero cambiamento di mentalità. Conversione significa cambiare mentalità, assumere la mentalità stessa di Dio che è accoglienza, tenerezza, premura. La metànoia è il cammino che ci porta verso il Padre misericordioso che ci attende, è trasformazione dei nostri atteggiamenti concreti che impediscono gli incontri con gli altri, le relazioni vere autentiche”. Da qui il senso del pellegrinaggio che “introduce dentro di noi un grande dinamismo di trasformazione, di conversione, di cambiamento di mentalità. Il pellegrinaggio è emblema dell’umanità che, all’interno della storia, si mette in cammino per tornare alla fonte della salvezza”. Il vescovo Parisi ha ricordato che, come indicato dal cerimoniale dell’ Anno Giubilare, in Cattedrale è stata esposta una Croce. Nella Cattedrale di Lamezia, per tutto l’Anno Santo, sarà presente il crocifisso, risalente al ‘700, proveniente dall’antica cattedrale di Martirano Antico. “Questo Crocifisso – ha rimarcato il vescovo – ha attraversato le fasi tragiche della storia: i terremoti, le guerre, i vari sconvolgimenti. Esso ci ricorda che dentro le ferite della storia è possibile fare l’esperienza di Dio che è Padre ed è vicino, è presente e ci accompagna. In Gesù suo Figlio, Dio si è caricato sulle sue spalle il peso della Croce, l’ha portata al posto nostro per trasformare la Croce da strumento di morte in albero della vita”. E ha fatto di nuovo riferimento all’incidente in cui hanno perso la vita le giovanissime Anna e Maria, auspicando che “da questa tragedia possa scaturire la riflessione sul dono della vita, sulla responsabilità, un richiamo alle comunità a continuare ad abbracciare e a sostenere queste famiglie”. “Viviamo questo Anno Santo nella piena disponibilità verso il Signore ad accogliere la misericordia di Dio che non manca mai, che non vede l’ora di entrare nella nostra vita per trasformarla – ha concluso Parisi – Docili alla tenerezza appassionata di Dio, possiamo essere noi coloro che rompono le catene delle nostre schiavitù e aiutano gli altri a tagliare quei lacci che ci rendono ancorati alla terra. Durante questo Anno Santo, possiamo davvero lavorare per fare in modo che ogni crocifisso, con una mano mancante o con il volto sfigurato, possa riconquistare attraverso il nostro servizio la bellezza originaria di quella umanità uscita dalle mani di Dio, perennemente innamorato di noi”. Salvatore D’Elia The post Rompiamo le catene delle nostre schiavitù e aiutiamo gli altri a rompere le loro catene first appeared on Lamezia Nuova.

Giubileo 2025, In primo piano, Mons. Vittorio Moietta, Vita Diocesana

Causa Beatificazione Mons. Moietta; aperti i Plichi al Dicastero delle cause dei Santi

Altro momento importante nel cammino della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Mons. Vittorio Moietta. Stamani, infatti, presso il Dicastero delle Cause dei Santi, alla presenza degli Officiali Federico Favero ed Eliana Versace, il Postulatore, don Marco Mastroianni, ha partecipato all’apertura ufficiale dei quattro plichi contenenti la documentazione raccolta nel corso dell’Inchiesta sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio, che, sigillati durante la Sessione di chiusura, erano stati consegnati al Dicastero ad ottobre scorso dallo stesso Postulatore. Ora si attende lo studio dei documenti da parte del Dicastero per ottenere il Decreto che dichiarerà la validità giuridica dell’Inchiesta. Saveria Maria Gigliotti The post Causa Beatificazione Mons. Moietta; aperti i Plichi al Dicastero delle cause dei Santi first appeared on Lamezia Nuova.

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